In una città
qualsiasi, in un tempo qualunque, esplode improvvisamente una strana epidemia:
le persone che vengono contagiate si ritrovano afflitte da una strana cecità,
tutto ciò che riescono a vedere è un bianco lattiginoso. L’epidemia si espande
rapidamente e senza controllo, i contagiati vengono richiusi in un ex manicomio,
ma il loro numero aumenta in maniera esponenziale. All’interno del manicomio,
sconosciuti si ritrovano a vivere fianco a fianco e, a causa della cecità, gli
istinti più selvaggi vengono a galla; la sola cosa che conta è la
sopravvivenza.
In una situazione di degrado, di brutalità, di egoismo e di
crudeltà, l’unica luce di speranza è rappresentata da una donna, la moglie di
un medico, che decide volontariamente di farsi rinchiudere nel manicomio per
restare con lui; misteriosamente immune dall’epidemia, sostiene e aiuta come
può i suoi compagni, ritrovandosi a dover fronteggiare situazioni disumane.
José Saramago, premio Nobel per la letteratura, dipinge un’umanità
bestiale, insensibile, la cui cecità cancella ogni ombra di civilizzazione, per
dare spazio agli istinti primordiali.
L’autore fa immedesimare con abilità il lettore nella condizione dei ciechi
attraverso una punteggiatura quasi assente ed un discorso diretto non
sottolineato da alcuna virgoletta, che lascia al lettore, proprio come ad un
cieco, il compito di capire a chi appartenga la voce.
Grazie al tempo e al luogo imprecisati e ai personaggi che,
dall’inizio alla fine, resteranno senza nome,
l’autore riesce a generalizzare la situazione per dirci che non importa
chi siano, quale sia il loro nome o la loro nazionalità: siamo noi, tutti noi,
ad essere ciechi! Saramago tratta con
semplicità temi profondi e importanti e, con parole che potrebbero sembrare quasi
banali, esprime abilmente la sua cruda visione del mondo. Esasperando, ma
neanche così tanto, sentimenti e comportamenti che ci appartengono, ci spinge a
riflettere sulla cecità di cui diamo prova tutti i giorni: a quanti problemi
passiamo accanto senza vederli o fingendo di non vederli? Quanto è valida la
nostra moralità, quando siamo sicuri di non essere visti?
Robin Esposito IVB
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