mercoledì 14 dicembre 2011

I'm with you

Indefinibili , ecco cosa mi viene in mente pensando ai Red Hot chili Peppers.Il gruppo californiano è riuscito ad avere (nell’ultimo decennio soprattutto) caratteristiche che lo rendono unico, con uno stile che è stato sempre in evoluzione, spaziando fra molti generi , quali il rock , rap , fusion e funky. Partendo da questi presupposti, parlare di un loro album , del loro ultimo album in particolare non è mai facile. Occorre prima di tutto fare un passo indietro. E’ il dicembre del 2009 quando i RHCP , mentre si crogiolavano nel successo del loro ultimo album “Stadium Arcadium “, subiscono una grave menomazione: il chitarrista John Frusciante lascia il gruppo per dedicarsi a progetti solisti. Il chitarrista abbandona il gruppo per la seconda volta con sofferenza dei fan e , sicuramente, anche degli altri membri del gruppo. Circa un mese dopo, viene annunciato che la band ha trovato un nuovo chitarrista, il giovanissimo e sconosciuto Josh Klinghoffer, amico e socio del “compianto” Frusciante. Il gruppo si è preso poi un lungo periodo di pausa, riprendendo “l’attività” a settembre con le registrazioni in studio del nuovo album, il quale sarebbe stato poi pubblicato il 30 Settembre dell’anno dopo. E’ stato ovviamente attesissimo dai fan i quali si sono dannati per quasi un anno, domandandosi se Josh sarebbe stato all’altezza di Frusciante. Finora, infatti, Josh si era sempre cimentato in un genere molto diverso da quello dei Red Hot, e anche molti critici si erano dimostrati scettici al suo ingresso nella band, soprattutto per il peso comportato dal doversi riallacciare ad una eredità corposa come era quella di Frusciante. Il primo singolo estratto dall’album e pubblicato il 26 Agosto è “The Adventure of Rain Dance Maggie”, un pezzo che, in un certo senso, poteva sviare da quello che sarebbe stato il prodotto finale. Il chitarrista si cimenta in linee di chitarra che richiamano uno stile psichedelico, associato ad una linea di basso tipica del bassista Micheal “Flea” Balzary. La canzone si presenta orecchiabile e piacevolissima, nonostante faccia nascere il dubbio su un “cambio di stile” da parte del gruppo, anche se da sempre molto vario, di Los Angeles. Per il resto, l’album si presenta abbastanza eterogeneo con pezzi destramente ritmici come Did I let you know o calmi e trascinanti come la tristissima Meet me at the corner. Menzione speciale per Factory of Faith, dalla trascinante linea di basso e a Goodbye Hooray, dove il basso si cimenta anche in uno sfrenato assolo. L’influsso del nuovo chitarrista è evidente però in alcuni pezzi come Happiness loves company, dove è presente anche una tastiera ad accompagnare tutto. Affascinante Brendan Death Song dal bellissimo testo, che raggiunge la massima espressione nel ritornello. Questi presentano in quasi tutte le canzoni una struttura molto simile, denotando una certa mancanza di fantasia. Il prodotto finale è sicuramente buono, evidenzia una certa originalità, anche se rimane sempre nello stile particolarissimo, forse solo con qualche sensibile cambiamento, che era stato sviluppato da alcuni anni. Resta da domandarsi se al prossimo lavoro si riuscirà a mantenere una qualità così alta, e se Josh rimarrà originale e creativo come è stato in questo lavoro.


Andrea Esposito

Nessun commento:

Posta un commento