A
partire dall’ultima settimana di ottobre, tutta l’Italia è stata colpita da una
serie di alluvioni: tragiche le conseguenze. Questa anomala ondata di mal tempo
ha raggiunto la penisola il 25 ottobre, devastando l’area delle Cinque Terre.
Critico il bilancio: dodici le vittime.
Il
4 novembre, mentre in Piazza Tasso bandierine patriottiche ricordavano una
vittoria, la stessa sorte è toccata a Genova, dove punte superiori ai 500
millimetri di pioggia in poche ore hanno causato l’esondazione dei torrenti
Bisagno e Fereggiano, che hanno riversato nelle strade fiumi di fango e
detriti. A causa del nubifragio, che ha interessato anche il nord della
Toscana, decine di comuni sono rimasti isolati e numerose le strade interrotte.
Lo stato di allerta si è prolungato per diversi giorni, con un totale di sei
vittime, tra cui due bambine, tutte nella stessa zona di Genova.
Nei
giorni successivi le precipitazioni si sono spostate verso il meridione.
Numerosi gli allagamenti e le frane nel napoletano, una vittima a Pozzuoli.
Quando sembrava che la situazione fosse ritornata alla normalità, quasi
seguendo le tracce dei Mille, ancora emergenza maltempo in Sicilia e Calabria,
nella notte tra il 22 e il 23 novembre. Tre le vittime accertate, di nuovo
tragedia e terrore.
Tutti
ci siamo interrogati sui motivi di questi eventi. Le risposte sono varie e
toccano ogni campo, dalla scienza alla politica. Certo è che i territori
interessati sono decisamente vulnerabili a causa della struttura geologica e del
pressappochismo degli uomini. Per citare degli esempi, solo a Messina, ben
cinque fiumane sono state cementificate anni fa, trasformando il sottosuolo in
una bomba pronta ad esplodere. Lo stesso vale per Genova dove, a peggiorare la
situazione, ci sono il carattere torrentizio dei corsi d’acqua e l’aver
costruito negli alvei dei fiumi. Se è vero che alcuni edifici risalgono a tempi
in cui non esistevano piani regolatori, è vero anche che ci sono esempi
recentissimi che mettono in dubbio la competenza, l’onestà e il senso civico di
politici e professionisti. Tutti abbiamo visto le immagini del centro
commerciale in Liguria, inaugurato da poco, costruito nel letto di un fiume
dove, fortunatamente, l’acqua è arrivata in orario di chiusura, evitando una
tragedia. In Italia, d’altronde, non manca mai l’inefficienza pubblica, il cui
esempio sono i classici tombini locali che si trasformano in artistiche fontane
ad ogni pioggia più abbondante.
Ma,
tralasciando questi episodi estremi, è un dato di fatto che negli ultimi
decenni la quantità e l’abbondanza delle precipitazioni sono aumentate
gradualmente. Perciò occorre chiedersi seriamente se l’uomo stia interferendo
con la natura, modificando il suo equilibrio. Non è una domanda nuova, ma
adesso possiamo dire che ci riguardi più da vicino. Nonostante le tesi siano
controverse, la maggioranza degli scienziati sostiene che il clima stia
cambiando. Lo ha asserito il ministro dell’ambiente in seguito agli episodi nel
messinese: “Nonostante sia stato un evento eccezionale, la possibilità che
eventi come questo si ripetano in maniera più ravvicinata è molto alta. E’
necessario prendere in considerazione nuove misure e strategie per la
prevenzione”.
In
generale, oltre allo scioglimento dei ghiacci con conseguente innalzamento del
livello dei mari, un aumento della temperatura significa aumento dell’energia
presente nell’atmosfera e quindi eventi meteorologici estremi (cicloni,
uragani, alluvioni …) di maggior numero e violenza.
Non
è ancora certo che il riscaldamento globale sia responsabile di tutto ciò, dato
che in molte zone non si registrano forti cambiamenti, ma conviene sempre porsi
questo dubbio, perché la scienza è basata su ipotesi, non su certezze. Il
riscaldamento prodotto sino ad oggi (0,8 °C) è solo una parte di quello che
potrebbe verificarsi in futuro (fino a 4°C). Perciò diamoci da fare, con lo
stesso entusiasmo manifestato dai genovesi nel ricominciare dopo l’alluvione
(però non rivendendo oggetti alluvionati a metà prezzo) e facciamo la nostra
parte perché, come tante gocce hanno causato un disastro, anche noi possiamo
modificare il nostro futuro.
Vittorio D’Esposito ID e Maria Parente IIE
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